COSA FARE NEL WEEKEND VICINO ROMA ANCHE CON I BAMBINI: UN TOUR DEI MISTERI E DELLE LEGGENDE
IL VICOLO SCELLERATO
Ecco cosa fare nel week end a Roma gratis anche con i bambini. Una bella passeggiata alternativa in alcuni dei luoghi più intrisi di leggenda facendo voi stessi da ciceroni per i vostri bambini, amici e parenti. Ad esempio non potete esimervi di fare la famosa scalinata che partendo da viale Cavour sale verso Piazza S. Pietro in Vincoli, dove nell’omonima Basilica potete ammirare il mausoleo di Giulio II con la famosa statua del Mosè opera di Michelangelo.
Torniamo invece al Vicolo Scellerato, la leggenda vuole che qui si sia consumato uno degli eventi più crudeli della storia romana, Tullia Minore figlia del Re Servio Tullio, finì il padre agonizzante, passandogli sopra con il suo cocchio, favorendo così l’ascesa al trono dell’amante Tarquinio il superbo.
La rampa è anche chiamata salita dei Borgia, perché benché non vi siano riscontri, la voce popolare vuole che nel palazzo sopra l’arco vi abitasse Vannozza Cattani amante di Papa Alessandro VI (Rodrigo Borgia, padre di Lucrezia e Cesare).
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LA FONTANA CON LA PALLA DI CANNONE
Si trova a viale della Trinità dei Monti – rione Campo Marzio. Proprio di fronte a Villa Medici, la fontana fu realizzata nel 1589 da Annibale Lippi su incarico del cardinale Ferdinando de’ Medici, proprietario della villa. E’ una fontana dal disegno e dalle dimensioni abbastanza semplici, ma proprio la semplicità del progetto, insieme con la posizione panoramica in cui si trova, la rendono degna di nota. Si tratta di una vasca ottagonale a livello stradale, al cui centro un pilastro sorregge una tazza circolare di granito rosso a forma di coppa dai bordi arrotondati, al centro della quale l’acqua zampilla da una sfera marmorea, ricadendo nel primo gradino e successivamente nella piscina a livello stradale. La sfera aveva sostituito il preesistente giglio mediceo attraverso il quale si alimentava la fontana e su tale sostituzione si è sviluppata una curiosa leggenda popolare. La sfera, secondo la tradizione, sarebbe una palla di cannone che la ex regina Cristina di Svezia nel 1656, durante una visita a Castel Sant’Angelo, avrebbe fatto sparare contro il portone di Villa Medici. Si narra che un giorno, avendo un appuntamento nella villa con il pittore francese Charles Errand, accorgendosi che sarebbe stata in ritardo abbia fatto sparare una cannonata per bussare al portone in orario all’appuntamento. Ad una certa altezza della porta della villa, infatti, si può ancora oggi notare un’ammaccatura. La palla di cannone sarebbe stata raccolta e inserita, a ricordo del fatto, nella sommità della fontana.
La leggenda della palla di cannone
La regina Cristina di Svezia non aveva certo un carattere facile poiché fin da piccola, per volere del padre, fu educata come un uomo ma era di sicuro ammirata per la sua cultura ed originalità. A seguito della sua abdicazione per abbracciare la fede cattolica, si trasferì a Roma e se ne innamorò perdutamente tanto da stabilirvisi fino alla sua morte, avvenuta nel 1689; è attualmente sepolta nella Basilica di San Pietro in Vaticano. La leggenda dice che una mattina del 1656, la regina si trovasse sulla terrazza di Castel Sant’Angelo, vero e proprio castello fortificato, e che solo all’ultimo momento si fosse ricordata di un appuntamento a Villa Medici con il pittore Charles Errand. Certa che non sarebbe mai riuscita ad arrivare in tempo, decise di “bussare” al portone in un’altra maniera. Ordinò infatti di sparare tre cannonate da Castel Sant’Angelo puntate dritte verso il portone di Villa Medici, per mezzo dello storico cannone ottagonale chiamato “La Spinosa” rubato più di un secolo prima alle truppe di Carlo di Borbone che da Monte Mario voleva abbattere il Castello. Nonostante le proteste dei cannonieri, nulla si poté fare contro il desiderio della Regina. Due palle vennero sparate a vuoto, ma la terza riuscì a percorrere l’enorme distanza (circa 1,4 km) e raggiungere il portone bronzeo di Villa Medici. Ancora oggi l’impronta della palla di cannone è visibile su una delle ante.
I PALAZZI DI ROMA
Le famiglie usavano chiamare i palazzi con i nomi dei loro territori.
I Boncompagni Ludovisi erano principi di Piombino e duchi di Sora, per cui i loro palazzi si chiamarono Piombino e Sora, la villa di Frascati era villa Sora. I Boncompagni discendevano da Gregorio XIII, pontefice dal 1572 al 1585, e i Ludovisi discendevano invece dal fratello di Gregorio XV, in carica dal 1621. Intorno al 1594 il cardinale Francesco Del Monte, che abitava a palazzo Madama di proprietà dei Medici, aveva acquistato un terreno vicino a Porta Pinciana e vi aveva fatto costruire il Casino, dove sistemare la sua collezione di dipinti e statue. Al secondo piano dell’edificio creò un laboratorio di alchimia e fece dipingere sul soffitto, intorno al 1597, dal Caravaggio, suo ospite, una scena con Giove, Plutone e Nettuno, con gli dei nudi intorno alla sfera celeste. E’ un dipinto ad olio, in quanto il pittore non conosceva la tecnica dell’affresco. Nel 1621 Del Monte, ormai anziano, vendette il Casino al cardinale Ludovico Ludovisi, nipote del papa, che acquistò intorno anche i 30 ettari per realizzare la grande villa. Nel 1622 era stata completata villa Ludovisi, tra piazza Barberini e le Mura Aureliane. Il cardinale Del Monte nel 1626, alla sua morte, lasciò una collezione di 600 dipinti, tra cui alcuni Caravaggio. Il cardinale Ludovisi aveva invitato, nel 1621, il pittore Guercino, bolognese come lui, a dipingere le sale del Casino. L’affresco più famoso rappresenta l’Aurora sul carro, e così l’edificio divenne il Casino dell’Aurora. Nel 1681 Gregorio Boncompagni, principe di Sora, aveva sposato Ippolita Ludovisi, principessa di Piombino, e, unendo i due cognomi, nacque la nuova dinastia, che dura tuttora. Dopo l’unità d’Italia, Villa Ludovisi fu la vittima più illustre delle nuove espansioni edilizie, e al posto della villa è stata realizzata via Veneto, con i suoi grandi alberghi. Oltre alla grande Villa a Porta Pinciana, la famiglia Boncompagni Ludovisi aveva acquistato nel 1819 il palazzo su via del Corso, davanti a piazza Colonna, costruito nel 1594 da Giacomo della Porta e che prese il nome di Palazzo Piombino. Dopo molte e giustificate resistenze la famiglia nel 1888 acconsentì alla demolizione del loro palazzo, finalizzato all’allargamento della strada. In cambio si costruirono a via Veneto il Palazzo Margherita, su progetto di Koch, attuale Ambasciata degli Stati Uniti. L’area a piazza Colonna rimase vuota fino al 1910, lasciando scoperto il retrostante edificio, ricoperto di pubblicità. Per l’Esposizione del 1911, in questo spazio fu costruito un padiglione transitorio, ma l’area rimase incompiuta fino al 1922, quando venne costruito l’attuale Palazzo della Galleria Colonna, ora Alberto Sordi. Nel marzo del 2018 è morto il principe Nicolò Boncompagni Ludovisi, personaggio della Dolce vita romana, che si era sposato tre volte, la prima con Benedetta Barberini, sorella di Mirta, da cui ebbe tre figli, Francesco, Ignazio e Bante. Nel 1989 il matrimonio fu annullato dalla Sacra Rota e Niccolò si risposò con Ludmilla, elegante Miss russa, ed infine ci fu il terzo matrimonio con la texana signora Rita Jenrette, che attualmente abita nel Casino dell’Aurora.
TORPIGNATTARA – IL MAUSOLEO DI SANT’ELENA – TERME DI DIOCLEZIANO
Il Mausoleo di Elena è un monumento funerario romano lungo la Via Casilina, corrispondente al III Miglio dell’antica Via Labicana, notevole anche per la presenza di Catacombe.
Venne costruito da Costantino tra il 326 e il 330, originariamente destinato a servire da sepoltura per lo stesso Costantino. Venne poi utilizzato come sepolcro per Flavia Giulia Elena, madre dell’imperatore, morta nel 328. Il bellissimo sarcofago in Porfido rosso del mausoleo, oggi è ai Musei Vaticani. Al mausoleo si accede dalla via Casilina tramite via di San Marcellino. Il mausoleo dà il nome alla zona: da Torre delle Pignatte, come veniva chiamato, deriva infatti il toponimo Torpignattara.
Terme di Diocleziano, la natatio Natatio in latino vuol dire piscina. Un’ala delle più grandi terme mai realizzate dalla civiltà romana, quelle dell’imperatore Diocleziano costruite tra il 298 e il 306 dopo Cristo, era interamente dedicata ad una piscina profonda un metro e cinquanta centimetri ed estesa per circa quattromila metri quadrati.Praticamente un piccolo lago.
La Natatio era posta all’ingresso delle terme stesse che occupavano più di tredici ettari di superficie in un territorio che si estendeva tra il Viminale e il Quirinale, per fare posto alle quali gli architetti imperiali non si erano fatti scrupoli di demolire edifici preesistenti di notevole fattura e importanza storica. Inutile dire che la facciata si presentava in tutta la monumentalità immaginata dai progettatori con sovrapposizioni di ordini architettonici posti su colonne, timpani, mensolature, nicchie geometriche o semicircolari e incorniciati da lastre in marmo policromo provenienti dalle regioni più remote dell’Impero.
Un colpo d’occhio scenografico e mastodontico degno delle dimensioni ciclopiche di questo impianto termale sorto in pieno centro città il quale doveva rendere appieno i fasti di un potere assoluto e a tratti illuminato come fu quello dell’Imperatore che affidò l’idea di Roma alla tetrarchia dei due Augusti e dei due Cesari per meglio difenderla e amministrarla.
L’APPIA ANTICA
A Frattocchie, dove la via’Appia Antica e la via Appia Nuova confluiscono, ci sono alcune cose molto particolari da vedere. C’è innanzitutto un bel tratto dell’Appia Antica, poi c’è l’Abbazia dei frati trappisti e c’è anche un tratto di strada romana, perfettamente conservato. Infatti nel 2014, durante gli scavi per realizzare il Mc Donald’s, inaugurato tre anni dopo, era stato scoperto un tratto di strada romana. E’ una traversa dell’Appia, del II sec aC, con tre sepolcri. I lavori furono interrotti per un anno, finchè la società americana non si impegnò a finanziare il restauro, la conservazione e la libera fruibilità dell’opera. Il pavimento della struttura è trasparente e da una scala posta nel parcheggio è possibile scendere e camminare sull’antica via. A cento metri di distanza c’è l’ingresso della Villa della Sirena dei Colonna, fatta costruire a metà del ‘600 dal cardinale Girolamo Colonna, sui resti di una villa romana del I sec aC, forse la villa Tito Sestio Gallo, amico di Giulio Cesare, che, come racconta Cicerone, aveva donato un pezzo di terreno adiacente alla via Appia per il Sacello della Bona Dea di Boville.. Questa tenuta fu acquistata nel 1928 dai monaci trappisti, per trasferirci lo loro Abbazia. Venne edificata la chiesa ed altri immobili, nella tenuta molto vasta, che costeggia l’Appia per alcuni chilometri. Sul posto i monaci vendono i prodotti, in parte di loro produzione, vino, miele, cioccolato, marmellate. C’è una lapide in cui si ricorda che nel 1710 Clemente XI Albani, nel viaggio per Castel Gandolfo, si fermò qui accolto da Filippo Colonna II. Da alcuni anni la tenuta è in vendita, dato sono rimasti pochissimi monaci, e la Regione l’ha inglobata nel recente ampliamento del Parco Dell’Appia Antica, diventato così confinante con il Parco dei Castelli Romani. Sulla planimetria, in viola è indicata la Tenuta dei Frati, in rosso la via Appia Nuova, in verde la via Appia Antica, in blu l’Appia Nuova, vecchia sede.
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